Stamattina ho letto un interessante articolo di Antonio Sgobba sul’effetto Dunning-Kruger.
E’ un tema interessante e sempre attuale, come Socrate ci insegna: so di non sapere… frase scolpita nella memoria di qualsiasi studente di filosofia, soprattutto prima di un’interrogazione!
E quanti ignoranti presuntuosi incontriamo durante la nostra giornata: a volte ci irritano, a volte ci fanno sorridere nel loro gonfio autocompiacimento.
Eppure Sgobba ci chiede: siamo in grado di definire la nostra ignoranza? Ora, non vorrei sembrare presuntuosa, la solita secchiona che dice di non sapere nulla e poi si lancia in una prestazione da Oscar, ma io ogni giorno sbatto contro la mia ignoranza e questo spesso mi blocca. Nelle conversazioni, nella scrittura, nel lavoro. Ho letto non so dove che è tipico delle donne non parlare se non con cognizione di causa. Evidentemente ne conosco troppe che confermano la regola… in quanto eccezioni.
Solo stamattina ho riconosciuto la mia ignoranza almeno tre volte:
1. pur sapendo chi è un cosplayer non so nulla del mondo che ci gira attorno. Ma lo sapete che in Italia fanno pure le gare? E ci sono amatori e professionisti?
2. ho un serio problema con la stampa in scala dei disegni di autocad. Vado per tentativi. E ogni volta un albero muore.
3. non mi ero accorta che esiste una sezione cultura del Corriere della Sera online. Fustigatemi.
E solo ieri ho scoperto la differenza tra copywriter e art director. E sì che un paio di stagioni di Mad Men le ho viste.
Riflessione finale: la rete ci dà l’illusione della conoscenza. Basta una sbirciata a wikipedia e ti senti un pozzo di scienza. Per cinque minuti. Poi passi a un nuovo dubbio e ti dimentichi la domanda precedente. La velocità della soluzione non ne permette la interiorizzazione.
Magari scrivendoci un post mi rimarrà impresso qualcosa di più.