Su consiglio di un amico, ho letto il mio primo libro di viaggi: “A long trek home: 4.000 miles by boots, raft and ski” il racconto di una lunga avventura da Seattle fino alle isole Aleutine in Alaska, il tutto senza usare mai mezzi a motore ma solo a piedi, in canotto o con gli sci.
Impaziente di leggerlo, l’ho comprato in versione ebook e si è dimostrata un’ottima scelta: penso di avere evidenziato quasi ogni pagina! Tra appunti naturalistici, riflessioni e aneddoti, la lettura è andata veloce, nonostante non sia solitamente una grande amante delle descrizioni paesaggistiche.
Il libro è narrato in prima persona dall’autrice ed è suddiviso in quattro sezioni, una per stagione, ognuna preceduta da una mappa dettagliata con riportati il percorso seguito, i punti di rifornimento e i luoghi descritti in maniera più approfondita durante il racconto.
Non si tratta di un vero e proprio diario di viaggio, quanto di una raccolta di aneddoti e riflessioni, scaturiti dall’immersione nella natura.
Prima di iniziare la lettura, pensavo di trovare solo descrizioni più o meno entusiastiche dei luoghi attraversati. La forza del libro sta invece nelle riflessioni sul rapporto tra uomo e Natura, considerazioni, spunti e interrogativi che non mi hanno lasciato indifferente. Dalle prime pagine credevo che Erin e Hig fossero due fanatici ambientalisti, due esaltati del trekking estremo, che hanno lasciato tutto quello che avevano per compiere un viaggio azzardato e pericoloso, autoreferenziale. Si tratta invece di una coppia di scienziati, lei biologa, lui geologo, curiosi, appassionati e spinti da un desiderio di conoscenza e scoperta che non posso che condividere. Sono anche due persone semplici, con le loro paure e incongruenze, preconcetti e domande, alla ricerca del loro posto nel mondo. Come sempre il viaggio non è solo scoperta di nuovi territori ma anche di se stessi.
Erin McKittrick è anche una blogger che ha documentato il suo viaggio (quando la connessione lo permetteva) e ora continua a scrivere su http://www.groundtruthtrekking.org dove racconta le sue nuove avventure e i progetti legati alla conoscenza e salvaguardia dell’ambiente alaskano.
“Cedri e abeti di Douglas erano avvolti nella bruma, tutti uguali. Ogni tanto se ne vedeva uno svettare sugli altri, magari un po’ storto, come una torre antica segnata dalle intemperie. La cima degli alberi svaniva nella nebbia calante, confondendosi con il cielo. I rami coperti di muschio stillavano gocce d’acqua. Contro il grigio della foschia, muschi e felci risplendevano di un verde brillante, irreale.”
“Attraversando l’Alaska incontravamo sempre più persone disposte e spalancarci le porte delle loro abitazioni e delle loro vite. E se all’inizio l’ospitalità era stata una sorpresa occasionale e inaspettata quando passavamo per città e villaggi, adesso era diventata una delle principali ragioni che ci attiravano verso i centri abitati.”
” In un lungo viaggio, coerenza e ispirazione non vanno d’accordo. C’è qualcosa di fatalmente irresistibile nel perdere di vista l’obiettivo finale, rimandare la conclusione trionfale del viaggio e andare da tutt’altra parte seguendo l’istinto.”
- Erin e Hig sui loro mitologici canotti gonfiabili
“La strada alla fine del mondo” di Erin McKittrick, traduzione di Maddalena Togliani, Bollati Boringhieri editore, collana Varianti, 2010, formato ebook, prezzo 11,99 € ,pagg 192,
Pingback: “Il grande marinaio” di Catherine Poulain – il viaggio di una donna nell’Alaska dei pescatori. – Diari alaskani