Into the wild – a due passi da casa

Quando abbiamo scelto l’Alaska come destinazione per il nostro viaggio di nozze, tutti erano certi che fossimo stati ispirati dal famosissimo Into the wild. Niente di più falso. E’ un film che mi ha lasciato un profondo senso di irritazione, anzi sono rimasta arrabbiata con il protagonista per quasi tutta la proiezione e oltre. Scenari fantastici, esperienze indimenticabili e lui sempre inquieto e insoddisfatto, incapace di condividere tanta bellezza con gli altri, pronto a giudicare tutto e tutti, spietato verso se stesso. Mi sarei alzata dalla poltrona del cinema e gli avrei tirato due ceffoni. Eppure si riaffaccia nella mia vita, mi affascina mentre io cerco di respingerlo. Dovrò rivederlo mi sa, sperando di mettere da parte i pregiudizi. Intanto ho acquistato la colonna sonora e ascolto in loop Guaranteed.

La commozione profonda per la natura è un sentimento che ritorna e spesso mi assale all’improvviso. Può essere una foto, un viaggio, un racconto, il gatto che dorme qui a fianco sul cuscino della sedia. I ciclamini che sono tornati a fiorire dopo un anno, un cielo terso, una luna sottile con un pianeta brillante a farle compagnia. Mi fermo e sento vibrare qualcosa in me. E’ un fascino che aumenta con il passare degli anni, una ricerca continua di segni anche nella grigia routine. E mi scopro più spesso a guardare fuori dalla finestra, a desiderare di uscire e sentire l’aria gelida sul viso.

Sono fortunata. Perché vivo in una città vicina al mare, ai colli, alle Alpi. Perché Mr Fog ama la natura quanto me e ci stupiamo in due della sua bellezza. Ci lanciamo in timide esplorazioni che ci danno enormi soddisfazioni. Come domenica scorsa, quando abbiamo fatto una passeggiata nel Parco dei Colli Euganei. Tanto freddo, ma un cielo terso e i colori morbidi della campagna veneta, dominata dalle creste di questi antichi vulcani.

E non so quanta parte di bellezza sia merito suo e di quello che ci lega.

Telefilm – The Good Wife

In questi ultimi giorni sono in un periodo di non lettura: ho iniziato parecchi romanzi e li ho abbandonati tutti dopo poche pagine. Sarà il rientro a pieno regime a lavoro, sarà la fine dell’estate che porta tanti impegni e tanta stanchezza, ma non ho nessuna voglia di leggere. Per non cedere alla sindrome della casalinga disperata alla Bree Van de Kamp, mi abbruttisco sul divano giocando a candy crush saga, sfogliando i social, scoprendo nuovi personaggi su instagram e guardando la televisione, ultimo refugium peccatorum. Peccato che io sia intollerante alla pubblicità e gli unici programmi in grado di darmi la pace dei sensi, ossia rilassarmi e distrarmi dalle preoccupazioni quotidiane, siano i telefilm. La serialità, gli schemi collaudati, i personaggi che prendono vita puntata dopo puntata, la brevità del singolo episodio che puoi vedere in una pausa pranzo o poco prima di dormire: tutto balsamo per la mia mente sovraffaticata. Ovviamente gli orari della programmazione televisiva sono inconciliabili con i miei impegni e così ho scoperto il magico mondo dei cofanetti con intere stagioni di telefilm. So che ci sono modalità più economiche per usufruire di questi prodotti (leggi pirateria) ma non appartiene molto al mio stile e così amazon, play.com, mediaworld e librerie varie sono diventati i miei spacciatori ufficiali di “programmi culturali”.

In questi giorni mi sto dedicando alla prima stagione di The Good Wife, serie pluripremiata della CBS  trasmessa in Italia da Rai 2 (dal 18 ottobre parte la quarta stagione). Era un po’ che il cofanetto aspettava accanto al lettore dvd, forse per l’espressione serissima di Julianna Margulies e il tema un po’ ritrito dello scandalo sessuale che coinvolge un personaggio di potere, in questo caso il marito della protagonista.

Sopraffatta dalla noia, e sappiate che la noia quando si è troppo stanchi per alzare un dito è orribile, mi sono rassegnata a vedere almeno il primo episodio e sono rimasta affascinata. Un gran bel telefilm, se non bastassero a confermarlo i numerosi premi ricevuti finora: il Golden Globes 2010, lo Screen Actors Guild Awards 2010 e 2011,  l’Emmy Awards 2011 per la migliore attrice in una serie drammatica (Julianna Margulies); l’Emmy Awards 2010 per la migliore attrice non protagonista in una serie drammatica (Archie Panjabi) (fonte wikipedia).

Peter Florrick

Alicia Florrick  è la moglie del procuratore Peter Florrick che subito nel primo episodio viene incarcerato, accusato di essere coinvolto in uno scandalo a base di sesso e corruzione. Alicia vede la sua vita sconvolta: oltre a dover riprendere a lavorare per mantenere la famiglia e le spese legali del marito, deve affrontare il tradimento dell’uomo che ama e gestire la pressione del circo mediatico. Grazie all’aiuto di Will Gardner, vecchio amico e compagno di studi all’università, Alicia torna ad esercitare la professione di avvocato, interrotta anni prima per dedicarsi alla famiglia. Nello studio di Will conosce Diane Lockhart, socia dello studio, e Cary Agos, neo laureato ad  Harvard, con cui Alicia si trova in continua competizione. Ad affiancare Alicia nelle sue indagini c’è Kalinda, affascinante investigatrice dello studio.

Alicia, Will e Diane

I protagonisti sono tutti volti noti per gli amanti delle serie tv: Alicia è interpretata da Julianna Marguleis, l’infermiera Carol Hathaway in ER, Peter è il Mr Big di SATC, Diane ha lavorato in Big Bang Theory e in Mamma mia!, Cary Agos è il Logan di Una mamma per amica, la suocera di Alicia è stata la nonna di Jen in Dawson’s Creek, e così via.

Cary Agos

Kalinda

Il personaggio di Alicia mi piace molto: è una donna forte perchè le circostanze lo richiedono, si trova in una situazione difficile e la affronta senza lamentarsi, giorno dopo giorno, mettendo serietà e impegno sia nel lavoro che nella cura della sua famiglia. La prima puntata è esemplare: rappresenta tutte le difficoltà che incontra una donna moderna nel trovare un equilibrio tra famiglia, lavoro e rispetto di se stessi. Nonostante le pressioni esterne ci vogliano inquadrate in un ruolo: mamme o lavoratrici, come se per avere soddisfazione nel lavoro bisognasse sacrificare la propria femminilità e il desiderio di stare con i propri cari. Sono tanti i temi che vengono affrontati nelle varie puntate, sia sociali che più intimi, sempre però senza dare un giudizio morale, una soluzione semplice a problemi complessi. Anche i personaggi comprimari sono ben caratterizzati e acquistano poco alla volta spessore e sfumature. Non ci sono buoni e cattivi ma persone, e non è tutto semplice come pare all’inizio. Anche l’aspetto legale è trattato in modo convincente, senza inutili lungaggini o fastidiose semplificazioni.

Alicia Florrick

Potrebbe essere considerato un telefilm femminile ma vi assicuro che anche Mr Fog è rimasto molto colpito dalla qualità degli episodi e qualcuno se lo è guardato volentieri insieme a me. Se ne avete occasione guardatelo, ne rimarrete colpiti!

Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop – Fannie Flagg

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Towanda! Mi verrebbe da gridare stamattina, di fronte all’ennesima manifestazione di arroganza ed ignoranza. Ma più che ad Evelyn Couch vorrei assomigliare alla dolce Ninny Threadgoode o alla pestifera Idgie. Forse mio marito apprezzerebbe di più una Ruth Jamison, forte, dolce e incantevole, ma è obiettivamente al di là delle mie possibilità.

Probabilmente molti di voi avranno visto il film: Pomodori verdi fritti alla fermata del treno, con delle strepitose Kathy Bates e Jessica Tandy. L’ho visto molte volte da piccola e non lo ricordo bene ma dopo aver letto il libro spero presto di riuscire a farlo!

Il romanzo è incantevole. Ambientato in Alabama, in due fasce temporali distinte, gli anni ’40 della grande Depressione e i primi anni ’80, racconta le vicende della famiglia Threadgoode e degli abitanti di Whistle Stop, una piccola cittadina a sud di Birmingham, sorta attorno allo scalo ferroviario locale.

Le pagine scorrono veloci dietro i ricordi di Ninny e le cronache locali, e il piccolo mondo di Whistle Stop si anima davanti ai nostri occhi: amori, amicizie, lutti, ma anche il rapporto tra neri e bianchi, il Ku Klux Klan, la grande Depressione, e poi l’emancipazione e la solidarietà femminili, la violenza e la vendetta, l’eutanasia e la violenza domestica, il perdono e la religione. Grandi uomini e soprattutto grandi donne. Tutto nel pentolone dove Big George cuoceva i maiali… e non solo.

Uno stile accattivante, uno sguardo leggero e umoristico, una mano delicata che affronta grandi temi e spinose problematiche lasciandole sullo sfondo. E alla fine vuoi talmente bene a questi personaggi che finito il libro ti mancano già terribilmente.

Pomodori verdi fritti mi ha preso al cuore e alla mente. Mi ha fatto pensare. Ridere e piangere. E vorrei che tutti lo leggessero. Per favore, fatelo. Vi farà bene.

Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop di Fannie Flagg, titolo originale Fried Green Tomatoes at the Whistle Stop Cafe, traduzione di Olivia Crosio, editore Rizzoli, collana BUR narrativa, prima edizione originale 1987, prima edizione italiana 1992, pagg 360.

Cloud Atlas – il film

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Viene prima l’uovo o la gallina?

Meglio leggere prima il libro o vedere la trasposizione cinematografica?

La vexata quaestio torna ciclicamente, senza appassionarmi più di tanto: sono uno spirito molto semplice e se un libro o film mi è piaciuto sono curiosa di conoscere il corrispettivo su pellicola o carta, senza timori di influenze negative sulla fruizione dell’opera.

Nel caso di Cloud Atlas è venuto prima il libro e poi il film.

Giudizio: leggetelo e vedetelo tutti!

Se il libro mi è piaciuto, il film mi ha entusiasmato! Non è solo la pedissequa trasposizione del libro, ma una sua interpretazione, sia nei contenuti che nella forma. Aggiunge chiarezza al romanzo pur togliendo e in alcuni casi stravolgendo dei passaggi e alcuni personaggi.  Ma è giusto che sia così: avendo letto il romanzo ho apprezzato le scelte dei vari registi (i fratelli Wachowski e Tom Tykwer) e ho approvato i tagli e le innovazioni. Infatti l’operazione è svolta nel pieno rispetto dello spirito del romanzo e rende più fruibile un’opera che in certi tratti è molto didascalica e sarebbe risultata terribilmente noiosa su grande schermo.

Le diverse storie sono intrecciate in maniera brillante, senza mai perdere il ritmo della narrazione. Le differenti ambientazioni temporali aiutano anche visivamente a distinguere gli episodi, grazie a scenografie e costumi impeccabili. La drastica riduzione dei personaggi collaterali e delle loro sottostorie permette di non perdere il filo del racconto, oltre all’oggettiva difficoltà di ricordare centinaia di nomi nelle poche ore del film, contro il grande respiro temporale che abbiamo con la lettura.

La scelta del cast mi ha sorpeso, soprattutto perchè gli attori principali ricoprono ruoli diversi all’interno delle diverse storie, grazie a un trucco che ha del miracoloso!

Hugh Grant, Tom Hanks, Halle Barry, Susan Sarandon, per citarne alcuni, ricoprono ora ruoli cruciali, ora di comparsa, sono personaggi maschili o femminili, giovani o vecchi, buoni o cattivi. Una bella prova per gli artisti che immagino si siano divertiti tantissimo.

Se siete curiosi qui trovate lo specchietto riassuntivo con tutti i ruoli interpretati da ciascun attore, oppure potete aspettare i titoli di coda!

Difficile catalogare questo film: epico, fantascientifico, drammatico, avventuroso, romantico? Direi un bel minestrone, dove i sei ingredienti principali, le sei storie, sono ben dosate e amalgamate, in un crescendo di tensione e rimandi che ci fa ben comprendere come tutto è connesso, al di là del tempo e dello spazio.

Non mi resta che augurarvi buona visione.