
Quando vi chiedono che tipo di lettore siete o quali siano le vostre letture preferite sapete rispondere? Avete pronto il vostro palmares di autori, generi, titoli? E se la risposta è sì, è statico nel tempo o suscettibile di cambiamento?
Fino a qualche tempo fa il mio personale olimpo era formato solo da scrittrici, per fortuna non tutte necessariamente morte: Jane Austen, Virginia Woolf, Amelie Nothomb, Fred Vargas.
Per entrare in questa classifica il requisito essenziale è uno solo: generare l’impulso incontrollabile di leggere ogni cosa sia stata scritta dall’autore in questione. Perché di tanti innamoramenti e passioni brucianti la mia libreria è testimone, ma sono in pochi gli autori che con il loro talento e la loro particolare sensibilità sono riusciti a instaurare un dialogo costante e generoso, che mi arricchisce a ogni lettura, nuova o ripetuta.
Visto in questa ottica, un autore che è sulla buona strada per essere accolto nel mio salotto buono è sicuramente Paolo Zardi. Chi segue questo blog sa quanta stima abbia per l’uomo e per lo scrittore, ma ora vorrei parlare del suo ultimo romanzo L’invenzione degli animali, uscito per Chiarelettere a settembre 2019 e subito arrivato tra le mie frementi mani.
La pubblicazione di questo romanzo arriva pochi mesi dopo la raccolta di racconti La gente non esiste per Neo (bellissima, favolosa, da leggere, come ho già ampiamente argomentato qui), aggiungendo nuovi interrogativi e suggestioni a una costellazione di opere che va a comporre una visione del mondo personale e complessa, fortemente ancorata alla realtà, nonostante il velo della distopia.
Non è facile assegnare una classificazione a questo romanzo: ogni etichetta rischia di limitarne il contenuto, quando invece dovrebbe essere intesa come un tentativo di renderne almeno in parte la complessità.
Iniziamo da un primo livello di lettura: la storia è ambientata in Europa, in un futuro prossimo in cui il dualismo tra ricchezza e povertà, città e periferia, tecnologia e arretratezza è esasperato. Non si tratta di fantascienza, anche se l’elemento tecnologico/scientifico innovativo è ampiamente presente, ma piuttosto di distopia (letteralmente il contrario di utopia) in quanto si analizzano problemi e tendenze del presente trasferendoli in un futuro possibile, in cui una grande impresa ha il monopolio sul mercato e sulla scienza, diventando ancora più potente dei governi e con l’ambizione di generare una sua morale, ovviamente per tornaconto economico.
Detto così può sembrare ostico, ma l’abilità di Zardi sta nell’affrontare temi capitali, morali ed etici integrandoli con naturalezza in un thriller avvincente, ricco di colpi di scena e che mi ha tenuto incollata alla lettura nonostante il debito di sonno che tanto so non riuscirò mai più a saldare.
Ho apprezzato molto la costruzione dei personaggi, primari e secondari, con quella attenzione all’uomo e alla sua unicità che era già un caposaldo de La gente non esiste, ma in realtà di tutto quello che ho letto di Zardi finora. Il personaggio di Lucia, la protagonista, non è poi una nuova conoscenza: l’avevamo trovata bambina nel romanzo Tutto male finché dura edito per Feltrinelli (recensito anche lui qui) ed è proprio una caratteristica di Paolo quella di riprendere i suoi personaggi e farli rivivere oltre le prime pagine in cui li avevamo incontrati. Viene così a crearsi un sistema di riferimenti verso quanto è stato già scritto e quanto si verrà a scrivere, in un tentativo (in parte dichiarato dall’autore) di creare un universo che abbia una sua coerenza e inoltre sintomo del suo spirito ironico, che ama giocare con il lettore e porre nuove sfide stimolanti al se stesso scrittore.
Per chi si chiede di cosa parli questo romanzo, la trama in breve è questa: Lucia Franti viene scelta insieme ad altri giovani estremamente brillanti e ambiziosi per lavorare alla Ki-Kowy, l’azienda più potente a livello mondiale, che affianca alla produzione di nuove tecnologie una ricerca avanzata in tutti i campi della conoscenza, ovviamente a scopo di lucro. Questi ragazzi, tutti provenienti da realtà personali difficili e elevatisi grazie alle loro notevoli doti intellettive, si trovano ciascuno a suo modo a confrontarsi con il confine tra scienza ed etica. Lucia, impegnata in un progetto di ibridazione animale il cui scopo è nientemeno che la vita eterna, si troverà coinvolta in vicende che metteranno in dubbio tutto il suo sistema di riferimenti morali, affettivi e soprattutto etici. E noi con lei.
Posso affermare che uno degli aspetti che più mi ha colpito di quest’opera è la sua ricchezza di argomenti: un aspetto necessario dato che i personaggi sono tutti per lo più molto intelligenti e colti, ma che trova evidentemente risonanza in una passione dello scrittore per quegli stessi temi, che si tratti di antropologia, sociologia, genetica, economia, filosofia, informatica, e sicuramente qualche altra fondamentale branca dello scibile umano che ora mi sfugge. C’è un gusto nelle pagine per il dettaglio, l’aneddoto, l’aspetto curioso e laterale della scienza, che si amalgama con scioltezza nella narrazione, arricchendola e scongiurando il rischio della noia o dell’incomprensione, trasformando l’argomento di un possibile saggio scientifico in letteratura. Perché scrivere è mistificare: si cerca la verosimiglianza con una realtà che alla fine viene piegata per i propri scopi e soprattutto per il piacere del narrare.