Sono giornate più zoppicanti del solito, in cui mi perdo tra pensieri interrotti e sogni acerbi. Sono stanca, forse troppo, e me ne accorgo dalla memoria che vacilla, la concentrazione intermittente e le frasi sospese a metà.
Quando ti dicono che la salute è tutto, è vero. Senza, ogni cosa è più difficile. Sia che si tratti della tua che quella delle persone che hai vicino. Il dolore abbruttisce, innervosisce, fa saltare i depositi di pazienza attentamente accumulati. Mette in cuore un seme di rabbia che germoglia in frasi cattive, non volute. La sofferenza prende tutta la tua attenzione e dedicarsi agli altri è uno sforzo sempre più gravoso.
Eppure la sofferenza fa parte della natura umana, ci tocca dalla nascita e ci accompagna, con intermittenza, per tutta la vita. Quando si muore si smette di soffrire, dicono.
Ma a cosa serve soffrire? Vedo persone piegate nel fisico o nell’animo, dolori acuti o cronici, tutti a loro modo destabilizzanti. Da piccola mi ero data una risposta: ognuno di noi patisce solo il dolore che è in grado di sopportare e attraverso questo dolore ha l’occasione di elevarsi moralmente e spiritualmente.
Da piccola ero decisamente troppo seria. Oggi, sono troppo confusa per trovare una risposta. Mi godo il piacere di un cappuccino dopo mesi e sorrido di un’alba incantevole. Il dolore passerà, prima o poi, come sempre è stato. Per me e soprattutto per chi amo.