Si dice che l’estate sia il tempo ideale per fermarsi, anche solo per il clima ostile alla vita. Invece no. I mesi estivi si sono avvicendati sul calendario con passi inesorabili e più di una volta mi sono chiesta dove sono finite le lunghe estati di ragazza, dove la noia si mangiava le ore e le pagine dei libri frullavano nell’aria come uccelli impazziti.
La vittima più illustre di questi mesi è senz’altro la scrittura. Assediata, sfatta, svuotata, ha prodotto solo qualche bozza di post e un racconto dimenticabile. La lettura ha resistito, è una combattente di lungo corso lei, e si è accontentata di qualche abbuffata e di pallidi digiuni, certa di non perdere spazio, anche solo per i simulacri fisici che torreggiano dalla libreria.
Estate significa scuole chiuse, nonna in vacanza, scadenze lavorative. La mamma lavoratrice che occupa tanta parte della mia giornata si è trovata travolta. Poi le vacanze, finalmente. Penso che se avessi percorso a piedi il cammino di Santiago da sola, mi sarei stancata meno e sarei arrivata meno provata al capodanno settembrino.
La bimba cresce, ha avuto la sua festa di compleanno, la prima con gli amici, e gli occhi le luccicavano. Ecco, questa estate ho visto tantissime stelle, i pianeti, la via lattea, satelliti e meteore, da un angolo remoto del parco del Triglav, ma nulla ha eguagliato lo splendore di felicità che guizza negli occhi di una bimba. E quando in parte sei tu a dare vita a quello scintillio, ecco, puoi anche rinunciare a un po’ di te stessa, perché non c’è amore più puro. Per il resto c’è tempo.