Ragazza, donna, altro di Bernardine Evaristo.

Ragazza, donna, altro è il romanzo con cui Bernardine Evaristo ha vinto nel 2019 il prestigioso Man Booker Prize, a pari merito con Margaret Atwood.

L’aspetto sensazionale di questa vittoria è che Evaristo è la prima donna di colore a vincerlo e per di più con un romanzo corale dove le protagoniste sono tutte donne britanniche nere.

In un’intervista rilasciata in occasione del BookCity Milano, l’autrice ha affermato che dopo tanta attività teatrale e tanti libri pubblicati, voleva scrivere di donne nere, spesso relegate ai margini della letteratura britannica, se non proprio invisibili. Per raccontare le loro storie aveva però bisogno di un linguaggio nuovo: nasce così quella che lei chiama fusion fiction un romanzo dove «tutto è fuso insieme, le storie e le frasi, l’interiorità e l’esteriorità».

Il romanzo è diviso in cinque parti: le prime quattro composte da tre capitoli dedicati ad altrettante donne (per un totale di dodici protagoniste), la quinta in cui si tirano le fila del progetto.

Tutta la narrazione ruota attorno alla rappresentazione della prima di un’opera teatrale al National Theatre di Londra: L’ultima amazzone del Dahoney della regista Amma.

Amma è la colonna portante del romanzo: attorno a lei orbitano, direttamente e indirettamente, tutti gli altri personaggi, ed è la sua personalità carismatica e fortemente emancipata a reggere il peso delle oltre cinquecento pagine del romanzo. Lunghezza che in libreria mi aveva atterrito (sono più lettrice da libri smilzi e dal peso specifico elevato) ma già alla prima sessione di lettura mi sono trovata a scorrere le pagine con estrema fluidità, superato lo stupore iniziale per la prosa. Evaristo, infatti, ha mantenuto per tutta l’opera una prosa poetica che aveva già sperimentato in piccola parte in una sua opera precedente e che sentiva come la più adatta per raccontare le storie dei suoi personaggi, dandole la possibilità di avvicinarsi e allontanarsi mantenendo una grande scorrevolezza. Non aspettatevi però un’opera in versi! L’aspetto poetico riguarda più l’impaginazione e la struttura con cui sono composti i paragrafi: i punti fermi latitano e c’è un grande uso del “a capo”, dando maggiore importanza all’aspetto grafico del testo scritto che, con il suo andamento sinusoidale o a imbuto, suggerisce il respiro della narrazione, quasi fosse un testo teatrale.

Incipit

Le donne di Ragazza, donna, altro appartengono a tre generazioni diverse, hanno differenti sfumature di pelle a seconda delle diverse combinazioni di geni, comprendono diverse classi sociali, hanno gusti sessuali che rappresentano quasi tutta la gamma LGBT (dando al romanzo anche una connotazione queer), ma hanno in comune una forte consapevolezza di chi sono, raggiunta in fasi diverse della loro vita. La loro umanità è talmente prepotente e universale che si resta incantati dalle storie delle loro vite, spesso molto dure, funestate da drammi terribili, eppure mai piegate. Forse è questo quello che ho amato di più in questo libro: la fragilità dei personaggi che comunque si riscatta sempre con un moto di orgoglio, di consapevolezza. Non sono donne che si lasciano vivere, possono passare anni piegate dal dolore, ma rialzeranno sempre la testa e si prenderanno la vita che vogliono. Non si tratta però di personaggi stereotipati, sono spesso ricchi di contraddizioni, di aspetti respingenti e attrattivi, di segreti (molti), bassezze, momenti di grande dignità. Sono persone vivide.

I temi trattati sono tantissimi e altamente infiammabili: il femminismo in tutte le sue fasi storiche, fino ad arrivare all’attuale fase intersezionale; il razzismo (ovviamente); il difficile rapporto generazionale a cui si aggiunge il gap culturale tra immigrati di prima e seconda generazione; la violenza subita e agita; la sessualità, il genere e le loro infinite declinazioni. Tutto questo sciolto in un racconto che scorre pagina dopo pagina, tenendo avvinto il lettore.

La discriminazione, sembra dire Evaristo, fa parte della nostra società ed è nostro dovere non accettarla, non farci condizionare. Siamo sempre la minoranza rispetto a qualcuno, dipende dall’ambiente in cui ci veniamo a trovare.

Bibi dice: “sai, Megan, ho imparato sulla mia pelle come vengono discriminate le donne, per questo dopo aver cambiato sesso sono diventata femminista, una femminista intersezionale, perché non si tratta solo del genere, ma anche della razza, dell’orientamento sessuale, della classe sociale e di altre intersezioni in cui ci troviamo immersi, di solito inconsapevolmente”

Ciascuna donna, leggendo questo romanzo, può trovare un pezzo della sua storia, e sarebbe bello che anche gli uomini lo leggessero, anche se per una volta non saranno i protagonisti ma parte dell’umanità che qui viene rappresentata.

Ragazza, donna, altro (2019) di Bernardine Evaristo (1959 Londra). Traduzione di Martina Testa. Big Sur, novembre 2020, pp 520. Romanzo.

8 Marzo – Dovremmo essere tutti femministi di Chimamanda Ngozi Adichie

Nel giorno dedicato alla giornata internazionale della donna vorrei che vi faceste un piccolo regalo, un libro piccino, poche pagine, scritte con ironia e leggerezza e che mette il punto sulla situazione del femminismo oggi.

Chimamanda Ngozi Adichie è una scrittrice nigeriana, più o meno mia coetanea, che ha scritto libri di grande successo. Ma soprattutto è una femminista: “una Femminista Felice Africana Che Non Odia Gli Uomini e Che Ama Mettere il Rossetto e i Tacchi Alti Per Sé e Non Per Gli Uomini“.

Uno dei problemi del femminismo di oggi è proprio il carico di stereotipi che si porta addosso. Anche io sono femminista, anche io ho rabbia, ed è una rabbia costruttiva. Vedo la mia società, la mia cultura e voglio migliorarle. Perché il genere (maschio/femmina) è ancora troppo vincolante. E non è giusto, né per le donne né per gli uomini, costretti in una gabbia di pregiudizi e vincoli, imprigionati in ruoli e azioni ormai superati. La società e la cultura devono evolvere e il femminismo è uno slancio vitale necessario.

Il genere conta in tutto il mondo. E oggi vorrei che tutti cominciassimo a sognare e a progettare un mondo diverso. Un mondo più giusto. Un mondo di uomini e donne più felici e più fedeli a se stessi. Ecco da dove cominciare: dobbiamo cambiare quello che insegniamo alle nostre figlie. Dobbiamo cambiare anche quello che insegniamo ai nostri figli.

Non è fantastico? Il femminismo è anche sogno, un sogno collettivo.

Questo libretto -che davvero dovreste leggere- è l’adattamento di una conferenza Tedx del 2012 (la trovate qui) che a oggi ha superato i cinque milioni di visualizzazioni su youtube; è stato di ispirazione per artiste, attrici e cantanti, tra le più famose Emma Watson (il suo famoso discorso alle Nazioni Unite) e Beyoncè (nella canzone Flawless).

Come tutti i messaggi rivoluzionari è semplice e potente e noi tutti abbiamo bisogno di persone che ci ispirino, sollevandoci dalla nostra quotidianità, aprendo il nostro sguardo.

La mia definizione di «femminista» è questa: un uomo o una donna che dice sì, esiste un problema con il genere così com’è concepito oggi e dobbiamo risolverlo, dobbiamo fare meglio. Tutti noi, donne e uomini, dobbiamo fare meglio.

Dovremmo essere tutti femministi di Chimamanda Ngozi Adichie. Einaudi. 2015.

Che fastidio! Settimana d’autore su Cartaresistente

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Oggi sono ospite dagli amici di Cartaresistente per la settimana d’autore. Tema: il fastidio. Trovate qui il mio contributo: Il fastidio di Mrs Fog.

Consiglio di scorrere anche tra gli altri interventi (ne stanno pubblicando uno al giorno) perché ce ne sono di bellissimi, scritti da gente veramente brava.

Buona lettura!

AGGIORNAMENTO: dal 2018 il blog Cartaresistente non esiste più -sigh. Riporto di seguito il mio contributo:

Che fastidio il maschilismo!

Sono donna e sono femminista.

Pensi che sia scontato? Non lo è.

Spesso il peggior maschilismo si cela nelle pieghe più intime dell’animo femminile.

Sono stati bravi loro, gli uomini: ci hanno convinte che il femminismo è una robaccia brutta e inutile, un ringhiare rabbioso di femmine che nulla hanno di femminile.

Di donne che odiano gli uomini e odiano altre donne, se non la pensano come loro.

Non è così.

 

Il femminismo è amore.

Amore e rispetto.

Lotta, certo. Perché senza lotta i diritti non li puoi ottenere.

E’ una guerra di trincea che non conosce fine: a casa, sul lavoro, tra amici, nella propria solitudine.

E’ una lotta contro schemi culturali difficili da riconoscere, insidiosi.

Il maschilismo è un sabotaggio continuo: alla nostra autostima, alla nostra libertà, alla nostra possibilità di sognare e progettare un futuro nuovo.

Ci vuole indicare la strada, non permette soluzioni alternative.

A volte è violento, spesso paternalistico, sempre castrante.

 

Il maschilismo in rete è poi inevitabile: cerchi di navigare in acque sicure, eviti le zone infestate ma non sempre si può sfuggire alle bufere d’odio, alle secche lessicali, agli attacchi di viscidi pirati.

Scopri che il nemico è un grumo di ignoranza, superficialità e boriosa cattiveria che si attacca anche alle persone migliori. Un muco viscido che infetta il prossimo come un’epidemia.

E il femminismo è l’unica cura che conosco.

Di femmine e femminismi. Pensieri sparsi.

Se c’è un tema che continua ad affascinarmi nelle sue infinite espressioni è sicuramente la donna e la sua percezione e rappresentazione. A volte credo che sia un atteggiamento piuttosto scontato, una sorta di ricerca di se stessi all’interno del proprio genere, ma non è tutto qui.

Da giovane sono stata una lettrice insaziabile e scriteriata: non mi interessavano l’autore, il titolo, il genere, bastava che fosse qualcosa di scritto. Spesso mi bastava l’atto della lettura e non mi rimaneva nulla delle pagine divorate velocemente.

Gli anni e la carenza cronica di tempo mi hanno portato ad essere più selettiva e d’un tratto mi sono accorta del filo rosso che lega le mie scelte. Non solo nelle letture ma anche nei film, nelle serie televisive, nei blog, nell’arte, nello sport, nella cronaca. A me interessano le donne: la loro voce, le loro storie. Le mie scrittrici preferite sono donne, e così le attrici, le sportive, le cantanti. Le ammiro di più, più degli uomini.

Leggendo questo articolo sulla donne nel mito suggerito da Alessandra (una blogger che stimo molto, che ve lo dico a fare) ho anche capito uno dei motivi: da sempre le donne partono da una condizione svantaggiata, imposta da una società prettamente maschile, e quando riescono ad emergere e farci sentire la loro voce hanno già compiuto un grosso sforzo, hanno acquisito una medaglia al valore.

In rete mi sono trovata a orbitare in siti e pagine femminili-isti, mi sono appassionata alle questioni di genere, al femminismo, alla maternità e ho ascoltato tante voci, tanti punti di vista diversi. Ho imparato che abbiamo bisogno più che mai del femminismo perché c’è ancora chi non ha idea di cosa sia e non si rende conto della prigione di vetro in cui siamo rinchiuse: vittime soprattutto di noi stesse, di meccanismi e ossimori talmente radicati nella società che non ne siamo nemmeno più consapevoli.

Femminismo per me è orgoglio di essere donna, è essere al fianco dell’uomo, né un passo avanti né uno indietro. E’ essere consapevoli che c’è un ritardo culturale nella nostra società e combatterlo. Con conoscenza e consapevolezza.

C’è ancora chi crede che non esista un problema legato alla condizione femminile, o sia comunque secondario rispetto al passato o non riguardi noi, la nostra cerchia. Invece vi dico che la questione femminile esiste, e continuerà ad esistere, fino a quando il mio essere donna sarà visto come un limite o come una condizione che pretende da parte mia certi comportamenti, pensieri, parole.

Vi invito a riflettere, a scovare e scardinare i maschilismi, soprattutto quelli più subdoli che si nascondono nelle parole, nei giudizi, nei piccoli gesti. Perché dipende da ciascuno di noi.